Nella terra di mezzo tra auto termiche e auto elettriche convive uno stadio intermedio che unisce le due tecnologie. Stiamo parlando delle auto ibride, veicoli che abbinano al motore termico una batteria. A seconda della sua grandezza e del sistema di trasmissione equipaggiato le auto ibride sono classificabili in tre sottocategorie: “mild”, “full” e “plug-in”. In questa guida andremo a concentrarci proprio su queste ultime, per capire cosa sono e come funzionano.

Oltre a una disamina tecnica è corretto vedere come si muove il mercato delle auto plug-in hybrid per confrontarlo con le sorelle e con le auto elettriche. Pertanto, spazio anche a qualche numero che illustri il settore e i modelli più venduti con questa alimentazione.

Auto plug-in hybrid: significato e cosa sono

Come di consueto partiamo dalla spiegazione concettuale: le auto ibride plug-in sono classificabili come “auto elettrificate”, senza alcuna sfumatura, e fanno quindi parte del processo di elettrificazione in corso. Identificate dalla sigla PHEV, che altro non è se non l’acronimo in inglese, le auto ibride plug-in sono simpaticamente definite “ibride alla spina”, grazie alla possibilità di ricaricarsi.

In termini ancor più semplificati possedere un’ibrida plug-in significa usufruire di due auto in una, mettendole il vestito più adatto all’occasione. Il fatto che siano denominate “ibride” e non “elettriche ibride” fa intuire quale sia la parte dominante tra le due anime, in grado ugualmente di coesistere.

Ciò che le distingue dalle “full hybrid” e dalle auto elettriche è la capienza della batteria. Più grande di un’ibrida e più piccola di un’elettrica. L’ibrida plug-in è ciò che più si avvicina all’auto dei sogni, ma con qualche compromesso. Lo scenario ideale di una batteria capace come quella di un’auto elettrica non è realizzabile per questioni di peso e di spazio disponibile.

La cubatura della pila di una vettura plug-in non deve rientrare in standard specifici, tuttavia si aggira spesso tra gli 11 e i 16 kWh. Tradotto in percorrenze significa viaggiare a zero emissioni per 50-70 km. Disponendo di una batteria ricaricabile, le auto ibride plug-in presentano in genere due sportelli per gestire separatamente le due alimentazioni, di norma uno per lato.

Due aspetti molto importanti da tenere in considerazione riguardano i vantaggi fiscali. Come detto in precedenza, le ibride plug-in sono auto elettrificate e pertanto godono degli ecoincentivi governativi (sia statali che regionali, fascia di emissioni 21-60 g/km) e inoltre sfuggono alle limitazioni circolanti quali ZTL e blocchi del traffico. Snocciolando nel dettaglio le cifre del risparmio a livello nazionale, si va dai 3.500€ ai 6.500€ in caso di rottamazione.

Come funzionano le auto plug-in hybrid

Seguendo il ragionamento di un’auto elettrica anche l’automobile plug-in va guidata puntando al massimo risparmio di carburante e alla massima efficienza possibile. Pensare di comprare una vettura con questo funzionamento e utilizzarla solamente come ibrida o esclusivamente in modalità elettrica non è un buon affare. Per quale motivo? Semplice ragione economica: le ibride plug-in sono più care sia delle ibride (sia “mild” che “full” ) che delle elettriche.

Per quanto concerne la guidabilità non ci sono grandi differenze rispetto alle ibride tradizionali o alle elettriche. La presenza di un accumulatore aumenta il peso complessivo dell’auto, tuttavia la maggiore potenza complessiva sopperisce al carico aggiuntivo. Come per le elettriche anche le ibride plug-in sono auto che puntano più sul comfort che sulla sportività. Il suo habitat naturale rimane l’ambiente cittadino, dove le percorrenze a pila sono in grado di soddisfare una larga fetta di utenza.

Sotto il profilo ingegneristico le auto ibride plug-in ricalcano la struttura delle sorelle “full”: un motore termico a cui si abbina uno o più motori elettrici. A seconda della posizione assunta da ciascun componente si determinerà successivamente la trazione della vettura.

Il funzionamento segue a ruota il meccanismo: la batteria si ricarica durante le fasi di rilascio dell’acceleratore (la cosiddetta “frenata rigenerativa”). Data la capacità della pila questo sistema non è però sufficiente e perciò le ibride plug-in si alimentano anche dalle colonnine di ricarica. Questa tipologia di auto è quindi particolarmente indicata per chi dispone di un box privato, all’interno del quale installare una wallbox. Le plug-in, infatti, non accettano mai più di 7,4 kW in entrata, sarebbe inutile chiedere di più vista la ridotta cubatura della batteria. In questo modo, considerando il costo inferiore delle ricariche domestiche (bilanciato però dall’eventuale spesa per l’acquisto e l’installazione della wallbox), si risparmia sul pieno di elettroni. L’accumulatore si ricarica nel giro di un paio di ore, mentre dalla presa classica da 2,3 kW serve una notte intera.

Il mercato delle auto plug-in hybrid

Completata la disamina sul funzionamento delle auto plug-in hybrid è tempo di fare due conti. Quanto stanno vendendo attualmente? La crescita è sovrapponibile a quella delle auto elettriche, anche se la sensazione è che rappresentino una necessaria tappa di passaggio. Il loro principale vantaggio è senza dubbio la non-dipendenza dalle colonnine pubbliche, ancora poco diffuse lungo lo Stivale. Per contro il costo molto elevato non così detraibile grazie agli ecobonus inibisce parecchi potenziali acquirenti.

Stando ai dati forniti da UNRAE, basati sul mese di luglio 2021, le ibride plug-in rappresentano il 4,4% delle immatricolazioni su base annuale (5,6% su quella mensile), rispetto al 3,5% delle auto elettriche. L’offerta più ampia contribuisce sicuramente a incrementare le quantità, anche se è assai probabile che assisteremo al sorpasso entro la fine dell’anno.

Leggendo la classifica dei 10 modelli più venduti è un tripudio di SUV e crossover: guidano Jeep Renegade e Jeep Compass (da 39.150€), molto bene Volvo XC40 (da 47.750€) e Renault Captur (da 33.250€, è la plug-in più economica a listino). Tra i marchi premium compaiono BMW X1 (da 49.150€) e Audi Q3 (da 47.900€). Ma se cercate altre carrozzerie sarete comunque soddisfatti: per esempio il gruppo VAG monta la tecnologia plug-in sulle sue segmento C: Seat Leon (da 35.400€), Skoda Octavia (da 37.000€) e VW Golf (da 38.500). Caso più unico che raro è la Mercedes Classe E, la sola con l’alimentazione plug-in abbinata a un motore diesel (da 66.571€).