Nuova puntata teorica sul motore elettrico per auto, con un focus sul funzionamento sincrono e asincrono. Una breve lezione di tecnica utile anche in caso di retrofit, ossia di conversione di una vettura termica in elettrica: anche se la procedura viene affidata a un team di specialisti è d’aiuto conoscere alcuni piccoli segreti a riguardo. Rispetto al settore delle batterie, i motori elettrici non presentano grandissime frontiere di innovazione, sebbene ci sia margine di miglioramento. Nel corso delle guide presentate sul blog, abbiamo imparato a capire che un ruolo importante è assunto dall’architettura, dalla piattaforma modulare su cui nasce la nuova auto elettrica. Da qui si ricavano informazioni approfondite sulla batteria, sull’abitabilità e sulla trazione. Anche nelle auto elettriche, pertanto, esiste la possibilità di disporre più di un motore, creando così la trazione integrale elettrica.

Non dimentichiamoci inoltre che i primi motori progettati oltre un secolo addietro erano di matrice elettrica, dedicati al trasporto su carrozza in particolare in Inghilterra. Tanti i punti di contatto con le branche del magnetismo e del movimento, che ritroviamo puntualmente nel caso dei motori elettrici attuali. Ma come si può renderli ulteriormente efficienti? La Formula E, ossia il massimo campionato dedicato alle monoposto a corrente, può insegnare molto in fatto di potenza e leggerezza. Scalabilità sarà parola chiave, per avere un modello di adattare in diverse grandezze. Un aspetto da tenere d’occhio in vista del futuro. Ma per ora atteniamoci al presente e andiamo a presentare i due principali motori elettrici, quello sincrono e quello asincrono.

Motore elettrico asincrono: come funziona

Il motore elettrico asincrono si definisce tale in quanto esiste una diversa velocità di rotazione del rotore rispetto alla velocità del campo magnetico generato dallo statore, in particolare il rotore è più lento dello statore. Si tratta di una tecnologia ormai consolidata e al tempo stesso facile ed economica da realizzare, nonché estremamente affidabile, che tuttavia presenta ugualmente alcuni risvolti sfavorevoli. In genere il rotore adotta uno schema “ad avvolgimento” (più limitata la tipologia “a gabbia”, vale a dire che presenta delle aperture su cui si posano le bobine di rame (o ferro) che genereranno il campo magnetico indotto.

Di norma i motori elettrici asincroni sono trifase e dunque garantiscono grandi potenze ed elevata tensione, con notevoli sbocchi applicativi in campo industriale, ma non mancano strumenti domestici con motore asincrono monofase. All’avvio, un motore elettrico asincrono necessità di una bassa quantità di corrente ma è al contempo capace di generare una notevole coppia nello spunto grazie alla presenza di un reostato. La differenza di velocità tra rotore e statore si definisce in gergo tecnico come “scorrimento”, e varia dal 3% e al 6%. Proprio a causa di questa discrepanza rotatoria il motore elettrico asincrono è poco efficiente e poco reattivo, poiché deve sempre adeguare il flusso di corrente dovuto al doppio campo magnetico.

Motore elettrico sincrono: come funziona

Nel caso in cui il campo magnetico e il flusso di corrente siano in simbiosi allora siamo in presenza di un motore elettrico sincrono, sempre alimentato in corrente alternata. Anche qui vale il discorso fatto precedentemente, vale a dire che si applica sia a piccole (monofase) che a medie-grandi potenze (trifase), e il motore in questo caso può fungere da generatore stesso, senza bisogno della presenza di inverter.

Il rotore diventa “a magneti permanenti” e quindi non ha più bisogno di essere sollecitato per produrre un campo magnetico, poiché è lui stesso a generarlo e a sincronizzarlo perfettamente con quello dello statore. Rispetto al motore elettrico asincrono, qui l’avviamento è diverso poiché il rotore agisce se e solo se la frequenza di rotazione è allineata con lo statore, cosa che da fermi ovviamente non accade. Serve dunque un motore asincrono per portare il rotore a regime di rotazione e sviluppare movimento che muove il dispositivo. Il punto di forza di un motore elettrico sincrono è dunque la costanza di rotazione, che non deve mai essere eccessivamente intaccata, pena la rottura del motore stesso (si capisce dunque come ciò sia sinonimo di efficienza). Si paga al contempo un costo più elevato dovuto alla sensoristica elettronica che aiuta il rotore a funzionare in modo efficace.

Motore elettrico asincrono e sincrono: applicazione al campo automotive

Come si traduce tutto questo discorso in ambito pratico? Il primo passo riguarda la collocazione del motore e la successiva trazione. A causa dell’elevata coppia raggiungibile e delle potenze maggiorate, i motori elettrici sono spesso collocati al retrotreno, capaci quindi di scaricare immediatamente la potenza bruta sull’asfalto. Non sono però rari casi di trazione elettrica integrale, con più motori posizionati in modo da garantire un perfetto bilanciamento tra avantreno e posteriore.

Nonostante poi il motore elettrico sincrono a magneti permanenti sia il più diffuso in ambito automotive, non mancano le eccezioni a cominciare da Tesla. Forse per un omaggio al fisico Nikola Tesla, che fu tra i primi a sperimentare il motore asincrono, anche se le ultime versione di Model 3 e Model S si sono conformate alla massa. In linea generale chi monta un motore asincrono lo fa in abbinamento al motore sincrono collocato posteriormente e dunque per avere un powertrain totale. Questa soluzione la troviamo infatti su tutti i modelli “dual motor” delle principali Case, dal gruppo VW (ID.4, Q4 e-tron ed Enyaq) fino a Mercedes e BMW.